Greca, donna. Comandante di nave. Nella vita di Laskarina Bouboulina nulla ha seguito un copione tradizionale. In un Paese di rigida tradizione patriarcale (in cui però le donne hanno sempre partecipato alle guerre di liberazione), Laskarina è diventata non soltanto un’eroina nazionale, ma un ammiraglio della flotta zarista.
Già la sua nascita è stata fuori dall’ordinario: l’11 maggio 1771, sua madre Skevo la mise alla luce nel carcere di Istanbul. Suo padre, Stavrianos Pinotsis, era originario dell’isola di Idra e apparteneva alla comunità di lingua arvanitica (una antica variante dell’albanese, in prevalenza di fede ortodossa). Aveva partecipato alla fallita ribellione contro gli Ottomani del 1769-1770, guidata dai fratelli Orloff: un episodio della più vasta guerra tra impero zarista e turco, che si svolse tra 1768 e 1774. Culminata con una clamorosa vittoria russa, la spedizione era terminata con una ritirata.
La bambina nacque quando Skevo era in visita al marito in fin di vita: dopo la sua morte, madre e figlia tornarono sull’isola di Idra. Quattro anni dopo si trasferirono su quella di Spetses: Skevo aveva sposato Dimitrios Lazarou-Orlof e Laskarina si era trovata otto fratellastri e sorellastre di cui divenne presto la leader. Ovviamente all’epoca non bastava essere una ragazza vivace per primeggiare o conquistarsi un posto nel mondo. Alta, nera di capelli e di carnagione olivastra, Laskarina dovette sposarsi. Lo fece due volte: a 17 anni con Dimitrios Yiannouzas. A 30 con l’armatore e capitano Dimitrios Bouboulis di cui poi le rimase il nome. Nel 1811 Dimitrios fu ucciso in uno scontro con i pirati algerini. Laskarina aveva 40 anni e secondo gli standard avrebbe dovuto adattarsi al ruolo di vedova. Invece prese in mano la flotta e gli affari commerciali del marito e avviò la costruzione di quattro nuove navi, tra cui la ben equipaggiata Agamennon.
Nel 1816 gli Ottomani tentarono di confiscarle le proprietà in base al fatto che suo marito aveva combattuto contro di loro, nella guerra russo-turca. Ma Laskarina incontrò a Istanbul l’ambasciatore russo, il conte Pavel Strogonov, e chiese la sua protezione. Il conte la fece riparare in Crimea, in una tenuta messa a disposizione dalla zar. Ma più importante fu l’incontro dell’armatrice con la madre del sultano Mahmud II che, colpita dalla forza di Laskarina e dalla sua personalità, riuscì a persuadere il figlio a non confiscarle le proprietà.
Per questo, dopo soli tre mesi di esilio in Crimea, Laskarina poté far ritorno sull’isola di Spetses. Qui cominciò la sua vera avventura. Forse in ricordo del padre, ma anche stanca delle vessazioni dei turchi, probabilmente aderì alla Filiki Etaireia, l’organizzazione segreta greca che cospirava per l’indipendenza, fondata a Odessa nel 1814, alla quale aderirono, tra gli altri Lord Byron e Alexander Puschkin. Il dubbio è d’obbligo perché il nome della Bouboulina non risulta nella lista, tra le poche donne che ne fecero parte (l’altra celebre è la comandante Manto Mavrogenous, nata a Trieste nel 1796 e morta a Paros nel 1848, il cui nome di famiglia era Morosini). Di certo la Bouboulina acquistò armi a munizioni e le trasportò sulle sue navi a Spetses, per la “causa della nazione”.
Non solo: nel 1820 l’Agamennon fu pronta. Laskarina pagò gli ufficiali e funzionari turchi affinché ignorassero la sua grande stazza e il suo equipaggiamento. Fu tra le meglio armate che la Grecia si sia trovata a disposizione per la sua lotta d’indipendenza. La Bouboulina armò delle sue truppe, chiamando a raccolta gli uomini di Spetses, i suoi “coraggiosi palikaria”, ragazzi, come li chiamava. Le costò una fortuna ma così di fatto costituì una flotta ai suoi ordini.
Il 13 marzo 1821 Laskarina fece issare sul pennone dell’Agamennon la bandiera greca. Che si rifaceva allo stendando dei Comneni, imperatori bizantini tra l’XI e il XII secolo. La rivolta di Spetses scoppiò il 3 aprile. Presto giunsero rinforzi dalle popolazioni greche delle isole vicine. La Bouboulina salpò con otto navi e pose l’assedio a Nauplia, nell’Est del Peloponneso, non lontano dall’isola di Speteses. Alll’epoca il forte era equipaggiato da 300 cannoni. Partecipò quindi alla conquista di Monemvasia, nel Sud-Est del Peloponneso, e di Pilo, a Ovest, nella baia di Navarino. Suo figlio, Yannis Yiannouzas morì nel maggio 1821 nella battaglia di Argo (che il 26 maggio di quell’anno costituì il consolato dell’Argolide) contro le truppe imperiali turche. Assistette, il 23 settembre 1821, alla caduta di Tripoli, nell’antica Arcadia: uno degli episodi più tristi della lotta d’indipendenza greca. I ribelli massacrarono i musulmani e gli ebrei che da secoli abitavano in città. Fu una strage immotivata: si calcola che i musulmani uccisi furono circa 8mila. Autore della strage, che seguiva un lungo assedio, fu Theodoros Kolokotronis (che riuscì a prendere la città stringendo una pace separata con i 2.500 albanesi che la difendevano). Pare che la Bouboulina riuscì a far risparmiare alcune donne dell’harem di Hurshid Pasha, comandante e gran vizir turco, forse per riconoscenza dell’aiuto ricevuto nel 1816 dalla “valide sultana”, la madre del sultano. Però molte musulmane furono ridotte in schiavitù. In seguito, sua figlia, Eleni Bouboulina, sposò il figlio di Kolokotronis, Panos.
Quando nel 1824 scoppiò la guerra fra i diversi clan che avevano partecipato all’indipendenza greca, Laskarina fu imprigionata dalle truppe del suo nuovo Paese proprio per i suoi legami con Kolokotronis, che nel frattempo era stato arrestato. Panos fu addirittura ucciso. A Laskarina fu concesso di ritirarsi in esilio, a Spetses. Le sue fortune personali si erano esaurite durante la guerra di liberazione nazionale. Eppure nel 1823 lo zar Alessandro I l’aveva nominata ammiraglio della marina russa e l’aveva decorata con l’ordine della Spada mongola.
La sua morte appare oggi una vera beffa ma sintetizza bene l’estrema violenza della Grecia dell’epoca. Un altro figlio di Laskarina, Giorgios Yiannouzas aveva rapito la ragazza di cui era innamorato che apparteneva al clan Koutsis. Il padre, Christodoulos, andò a reclamarla sotto le finestre di Laskarina accompagnato da familiari armati. Seguì una discussione, la Bouboulina si affacciò al balcone per difendere il figlio. Partì un colpo, non si sa sparato da chi, che la colpì in fronte e la uccise. Era il 25 maggio 1825. Ed è probabile che Laskarina si stesse riarmando per fronteggiare la flotta turca in arrivo dall’Egitto, al comando dell’ammiraglio Ibrahim Pasha.
Gli eredi vendettero l’Agamennon allo Stato greco che la ribattezzò Spetsai. Nel 1831, dopo aver ancora cambiato nome, la nave fu distrutta da un incendio durante una nuova guerra civile.