« … che qui non v’è nulla di sadico, che anzi ciò che sorprende è l’impassibilità ferina di chi ha dipinto tutto questo ed è persino riescita a riscontrare che il sangue sprizzando con violenza può ornare di due bordi di gocciole a volo lo zampillo centrale! Incredibile vi dico! Eppoi date per carità alla Signora Schiattesi – questo è il nome coniugale di Artemisia – il tempo di scegliere l’elsa dello spadone che deve servire alla bisogna! Infine non vi pare che l’unico moto di Giuditta sia quello di scostarsi al possibile perché il sangue non le brutti il completo novissimo di seta gialla? Pensiamo ad ogni modo che si tratta di un abito di casa Gentileschi, il più fine guardaroba di sete del ‘600 europeo, dopo Van Dyck.»
(Roberto Longhi, Gentileschi padre e figlia, 1916)
Primogenita del pittore Orazio Gentileschi e di Prudenzia Montone, morta di parto quando Artemisia ha solo dodici anni, dimostra un precoce e spiccato talento pittorico che matura nello studio del padre, già esponente di primo piano del caravaggismo romano. Nella importante bottega di Orazio lavorano, con Artemisia e altri pittori, anche i suoi sei fratelli.
La sua attività presso la bottega del padre termina in seguito al processo avvenuto nel 1612, voluto da Artemisia e dalla famiglia in seguito alla violenza di Agostino Tassi, suo maestro di prospettiva, che al tempo della vicenda era impegnato, insieme a Orazio, alla decorazione di Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma.
Dal processo il Tassi esce praticamente indenne, mentre i Gentileschi devono subire pesanti condanne morali, oltre alla crudezza dei metodi inquisitori del Tribunale, di cui è rimasta esauriente documentazione [1]. Merita ricordare che Artemisia accetta di testimoniare sotto tortura, di provare la sua verginità precedente allo stupro, e viene sottoposta alla sibilla, supplizio progettato per i pittori, che consiste nel fasciare loro le dita delle mani con delle funi fino a farle sanguinare.
Dopo il processo il padre riesce a combinare un matrimonio per la figlia con Pierantonio Stiattesi, pittore fiorentino, che determina il trasferimento a Firenze e una nuova stagione, definitivamente da “solista” per Artemisia. A Firenze nasce la prima figlia (ne avrà altri tre? le notizie sono discordanti) e viene accolta, contrariamente al marito, presso l’Accademia delle arti del disegno: è la prima donna a ottenere questo prestigioso riconoscimento. Ottiene importanti commissioni dalle fammiglie fiorentine (Medici compresi) e stringe amicizia con Galileo Galilei che nutre per lei grande stima, e con Michelangelo Buonarroti il giovane, il quale le commissiona una tela per celebrare il suo illustre antenato e intrattiene con lei una corrispondenza, che lei assolve avendo da poco imparato a scrivere.
Di questo periodo fanno parte la Conversione della Maddalena e la Giuditta con la sua ancella di Palazzo Pitti ed una seconda versione della Giuditta che decapita Oloferne, conservata agli Uffizi.
Nel 1621 va a Genova per un breve periodo, poi torna a Roma come donna indipendente, allontanandosi definitivamente dal marito, e portando con sé la figlia Palmira.
Dopo Roma è a Venezia, e probabilmente vi soggiorna tra il 1627 e il 1630, alla ricerca di nuove commissioni. Successivamente approda a Napoli, e lì rimane definitivamente, se si esclude una breve parentesi inglese a Londra, dove raggiunge il padre per assisterlo fino alla sua morte. È quella l’occasione per collaborare artisticamente con lui, dopo tanti anni di distanza.
Nel 1642, con lo scoppiare della guerra civile, Artemisia lascia l’Inghilterra e, dopo altri spostamenti di cui si ha scarsa conoscenza, torna a Napoli dove muore nel 1653.
La fama di Artemisia è grande presso i contemporanei, anche se la sua fortuna più recente è forse più legata agli aspetti drammatici e romanzeschi della sua vita, e al suo coraggio nell’affrontarli, che ne hanno fatto quasi naturalmente una eroina femminista ante litteram. Questa lettura però rischia di offuscare la forza con cui Artemisia si impone come pittrice, e su generi decisamente lontani da quella peinture de femme sulle quali altre donne (non molte ma neppure pochissime) si erano avventurate sino a quel momento, limitata a nature morte, paesaggi, ritratti – pur con invenzioni straordinarie come quelle di Sofonisba Anguissola. Artemisia affronta la pittura “alta”: soggetti sacri e storici, impianti monumentali; con una totale padronanza della pittura, e abbracciando completamente la lezione caravaggesca, radicale nella concezione della scena, nel contrasto che descrive le forme e i colori, nella predilezione di un taglio ravvicinato che drammatizza il rapporto con lo spettatore, nell’abbandono di moduli iconografici convenzionali. Da sicura professionista dell’arte sa di poter esplorare anche toni più lirici, atmosfere più intime. La vasta gamma delle sue corde è insomma in piena sintonia con la vastità del sentire barocco.
Quindi si fa forse torto alla sua opera se la si considera solo come riscatto o sublimazione dalle violenze subite, poiché nella sua completezza, essa esprime una potenza e varietà poetica che vanno oltre la sua vicenda biografica.
Sono le sue stesse opere a porre con evidenza il tema del conflitto sia sotto l’aspetto tematico che figurativo, sia sotto l’aspetto formale che quello poetico, come si vede bene nelle sue Giuditte, che non lesinano concretezza né ai personaggi che mette in scena, né alle ferite che esse mettono in atto. E#` ugualmente eloquente la ricca serie degli autoritratti, così come i nudi, così poco idealizzati.
Il catalogo delle opere di Artemisia Gentileschi ha purtroppo problemi attribuitivi, soprattutto con la produzione artistica del padre. Anche la datazione delle opere non risulta chiara, si riporta di seguito un elenco che si basa sul volume di Judith W. Mann e K. Christiansen, citato in bibliografia:
Susanna e i vecchioni, Collezione Graf von Schönborn, Pommersfelden, 1610
Madonna col Bambino, Galleria Spada, Roma, 1610-11
Giuditta che decapita Oloferne, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1612-13
Danae, The Saint Louis Art Museum, Saint Louis, (Missouri), ca 1612
Minerva, Sopraintendenza alle Gallerie, Firenze, ca 1615
Autoritratto come martire, Collezione privata, ca. 1615
Allegoria dell’Inclinazione, Casa Buonarroti, Firenze, 1615-16
Maddalena penitente, Collezione privata (già Marc A. Seidner Collection, Los Angeles), ca. 1615-16
Conversione della Maddalena, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze, 1615-16
Autoritratto come suonatrice di liuto, Curtis Galleries, Minneapolis, ca 1615-17
Giuditta con la sua ancella, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze, 1618-19
Santa Caterina di Alessandria, Galleria degli Uffizi, Firenze, ca.1618-19
Giaele e Sisara, Szépművészeti Múzeum, Budapest, 1620
Cleopatra, Collezione della Fondazione Cavallini-Sgarbi, Ferrara, ca. 1620
Allegoria della Pittura, Musée de Tessé, Le Mans, 1620-30
Giuditta che decapita Oloferne, Galleria degli Uffizi, Firenze, ca. 1620
Santa Cecilia, Galleria Spada, Roma, ca. 1620
Cleopatra, Collezione Amedeo Morandorri, Milano, 1621-22 (ritenuto da alcuni studiosi opera del padre)
Ritratto di gonfaloniere, Collezioni Comunali d’Arte, Palazzo d’Accursio, Bologna, 1622
Susanna e i vecchioni, The Burghley House Collection, Stamford, Lincolnshire, 1622
Lucrezia, Gerolamo Etro, Milano, ca. 1623-25
Maria Maddalena come Melanconia, Cathedral, Sala del Tesoro, Siviglia, ca 1625
Giuditta con la sua ancella, The Detroit Institute of Arts, ca. 1625-27
Venere dormiente, The Barbara Piasecka Johnson Foundation, Princeton, New Jersey, 1625-30
Ester e Assuero, Metropolitan Museum of Art, New York, ca. 1628-35
Annunciazione, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1630
Corisca e il satiro, Collezione privata, 1630-35
Clio, la Musa della Storia, Palazzo Giuli, Pisa, 1632
Aurora, Collezione privata, Roma
Nascita di San Giovanni Battista, Museo del Prado, Madrid, ca. 1633-35
Cleopatra, Collezione Privata, Roma, ca.1633-35
Lot e le sue figlie, The Toledo Museum of Art, Toledo, Ohio, ca. 1635-38
Davide e Betsabea, Neues Palais, Potsdam, ca 1635
Ratto di Lucrezia, Neues Palais, Potsdam
Davide e Betsabea, Palazzo Pitti, Depositi, Firenze, ca 1635
San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1636-37
Santi Procolo e Nicea, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1636-37
Adorazione dei Magi, Museo di San Martino, Napoli, 1636-37
Davide e Betsabea, The Columbus, Museum of Art, Columbus, Ohio, ca. 1636-38
Autoritratto in veste di Pittura, Kensington Palace, Londra, 1638-39
Venere che abbraccia Cupido, Collezione privata, 1640-50
Un’allegoria della Pace e delle Arti sotto la Corona inglese, Malborough House, Londra, 1638-39 (in collaborazione con Orazio Gentileschi)
Susanna e i vecchioni, Moravska Galerie, Brno, 1649
Madonna e Bambino con rosario, Palazzo El Escorial, Casita del Principe, 1651.
NOTE
1.Artemisia Gentileschi, Lettere precedute da Atti processo per stupro, a cura di Eva Mencio.
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