Vissuta a Firenze nella seconda metà del 1200 e morta probabilmente agli inizi del 1300, è la prima voce femminile a scrivere poesie in volgare italiano. Di lei non rimagnono che tre sonetti, ma le sue capacità stilistiche furono tanto grandi da meritare l’ammirazione di altri letterati suoi contemporanei.
Difficile decidere se Compiuta Donzella fosse il suo vero nome o solo uno pseudonimo, dato che il nome Compiuta era assai diffuso a Firenze, nel significato di “perfetta, piena di virtù”. Donzella indica il suo status di “signorina”, voluta però a tutti costi far maritare dal padre contro la sua volontà di entrare in convento, come dimostrano due dei tre sonetti rimasti di lei: A la stagione che ‘l mondo foglia e fiora e Lasciar voria lo mondo e Deo sevire.
Lasciar vor[r]ia lo mondo e Dio servire
e dipartirmi d’ogne vanitate,
però che veg[g]io crescere e salire
mat[t]ezza e villania e falsitate,
ed ancor senno e cortesia morire
e lo fin pregio e tutta la bontate:
ond’io marito non vor[r]ia né sire,
né stare al mondo, per mia volontate.
Membrandomi c’ogn’om di mal s’adorna,
di ciaschedun son forte disdegnosa,
e verso Dio la mia persona torna.
Lo padre mio mi fa stare pensosa,
ca di servire a Cristo mi distorna:
non saccio a cui mi vol dar per isposa.
Che alla fine Compiuta si mariti, lo testimonia la lettera /panegirico di Guittone d’Arezzo in cui viene additata come “Donna” Compiuta, non più donzella, quindi probabilmente signora maritata.
I suoi sonetti sono in stile trovadorico-provenzale e rivelano la conoscenza approfondita della scuola siciliana. A la stagione che ‘l mondo foglia e fiora, Lasciar voria lo mondo e Deo sevire e Ornato di gran pregio e di valenza ci sono stati tramandati da un unico codice (Vat. Lat. 3793), il Canzoniere Vaticano, la più ricca raccolta antica di poesia italiana delle origini, ovvero di poeti siciliani e prestilnovisti, fra i quali Compiuta è l’unica donna.
La sua esistenza è anche avvallata dalle lettere piene di stima indirizzatele dal medico Maestro Torrigiano che la chiamava “divina Sibilla”, da Maestro Rinuccino e, pare, persino da Guido Guinizzelli. Il citato panegirico di Guittone d’Arezzo recita:
Soprapiacente donna, di tutto compiuto savere,
di pregio coronata, degna mia Donna Compiuta,
Guitton, vero devotissimo fedel vostro, de quanto el vale e po’,
umilmente se medesmo raccomanda voi.
Un rapporto particolare è documentato con Chiaro Davanzati con cui era solita scambiarsi tenzoni e a cui viene riferito il sonetto Ornato di gran pregio e di valenza:
Ornato di gran pregio e di valenza
e risplendente di loda adornata,
forte mi pregio più, poi v’è in plagenza
d’avermi in vostro core rimembrata
ed invitate a mia poca possenza
per acontarvi, s’eo sono insegnata,
come voi dite c’a[g]io gran sapienza;
ma certo non ne son [tanto] amantata.
Amantata non son como vor[r]ia
di gran vertute né di placimento;
ma, qual ch’i’ sia, ag[g]io buono volere
di senire con buona cortesia
a ciascun ch’ama sanza fallimento:
ché d’Amor sono e vogliolo ubidire.
I dubbi sulla reale esistenza di Compiuta sono stati suscitati proprio da questo scambio poetico con Davanzati che ha fatto supporre ad alcuni critici che Compiuta Donzella fosse solo una finzione letteraria creata appositamente dal poeta per ridere sull’ipotesi dell’esistenza di una poetessa con cui scambiare poesiole. Questa ipotesi fu in seguito additata come un tentativo di oscurare uno dei rari e importanti personaggi letterari femminili del passato.
Lo stesso critico e storico della letterature italiana Francesco de Sanctis ne riconosce l’esistenza (Storia della letteratura italiana) e la qualità: «…la perfetta semplicità del sonetto femminile, con movenza più vivace, più immediata e più naturale..»
A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tut[t]i fin’ amanti:
vanno insieme a li giardini alora
che gli auscelletti fanno dolzi canti;
la franca gente tutta s’inamora,
e di servir ciascun trag[g es ‘ inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n’abondan mar[r]imenti e pianti.
Ca lo mio padre m’ ha messa ‘n er[r]ore,
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,
ed io di ciò non ho disìo né voglia,
e ‘n gran tormento vivo a tutte l’ore;
però non mi ralegra fior né foglia
Nelle sue poesie si rintracciano i temi dell’amore cortese, le tematiche del repertorio popolare dei “contrasti” e il tema delle donne “malmaritate”. Infine anche due sonetti di un autore anonimo, sottolineano il livello di fama a cui la poetessa era riuscita ad arrivare:
Gentil donzella somma ed insegnata,
poi c’ag[g]io inteso di voi tant’ or[r]anza,
che non credo che Morgana la fata
né la Donna de[l] Lago né Gostanza
né fosse alcuna come voi presc[i]ata;
e di trobare avete nominanza
(ond’eo mi faccio un po[ca] di mirata
c’avete di saver tant’abondanza):
però, se no sdegnaste lo meo dire,
vor[r]ia venire a voi, poi non sia sag[g]io,
a ciò che ‘n tutto mi poria chiarire
di ciò ch’eo dotto ne lo mio corag[g]io;
[…]e so che molto mi poria ‘nantire
aver contia del vostro segnorag[g]io.
Perc’ogni gioia ch’è rara è graziosa,
mi son tardato, Compiuta Donzella,
d’avere scritto a la vostra risposa
la qual faceste a me fresca e novella.
E ben si testimonia, per la losa
che di me usaste, che voi siete quella
in cui altezza e gran valor riposa:
cotal a[l]bor mostr’ alto sua fior bella.
Sua fiore bella e d’amare lo frutto
mostra ‘n altezza com’è d’alto stato:
però in gioia ab[b]o vostro detto tutto,
e pregovi che mi sia perdonato
s’io m’invitai laove sone al postutto
ch’io non son degno d’esser presentato.