Scrivendo di Eloisa, grande intellettuale del XII secolo, è luogo comune riferirsi soprattutto alla sua storia d’amore con Abelardo, quasi che sia l’unico merito di questa scrittrice di straordinario talento e cultura biblica e classica, rappresentante di una nuova corrente del pensiero etico.
Eloisa nasce all’inizio del secolo e muore nel 1163, al monastero del Paracleto, vicino a Troyes, dove era badessa da più di trenta anni.
A Parigi nel 1117 incontra Pietro Abelardo, allora quarantenne, famoso per il suo insegnamento innovativo in logica, per il successo che godeva fra i suoi allievi e le aspre polemiche che lo opponevano ai pensatori più tradizionalisti del tempo. Eloisa e Abelardo abitavano a Parigi: era l’inizio della crescita economica e culturale per cui la città diverrà un secolo dopo la capitale del regno più importante d’Europa e la sede di una università famosa. Abelardo, scelto imprudentemente dal tutore Fulberto come maestro per la giovane nipote Eloisa, diviene ben presto il suo amante. Scriverà più tardi: «Ci trovammo prima uniti nella stessa casa poi nello stesso cuore … e con il pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore. Parlavamo più d’amore che di libri, la mia mano correva più spesso al suo seno che alle pagine. Erano più numerosi i baci che le parole…Nella nostra passione passammo per tutte le fasi dell’amore e se in amore si può inventare qualcosa noi lo inventammo». Quanto a Eloisa, ella non dubitava che il suo amato maestro fosse anche «il più grande filosofo del mondo» oltre che l’uomo più desiderabile: «Quale regina e nobile donna non invidiava le mie gioie e il mio letto?»
Tutto dura poco, neppure un anno: Fulberto scopre la loro relazione amorosa, ormai di dominio pubblico, e si vendica crudelmente su Pietro facendolo evirare da sicari. Gli amanti, che avevano avuto un figlio, Astrolabio, e si erano in seguito sposati, si ritirano in due monasteri alle porte di Parigi: lei all’Argenteuil, lui a Saint Denis.
Eloisa fino alla fine della vita sarà una monaca attiva e irreprensibile e una badessa universalmente stimata e operosa. Ma non si pente del suo passato e tenacemente rimpiange “ogni giorno” il suo l’amore perduto.
Abelardo scriverà opere filosofiche fondamentali di teologia e morale: ma il professore più seguito e amato di Parigi resta un uomo inquieto e malinconico e sarà, infine, condannato al silenzio. Molti anni dopo la loro separazione i due innamorati si scrivono straordinarie lettere d’amore e di filosofia arrivate fino a noi.
Eloisa è anche autrice di quarantadue Problemata dove pone questioni etiche e esegetiche il cui filo conduttore è la ricerca continua di approfondimento del senso della (sua) vita monastica, del significato del testo della Scrittura in quei passi dove è più oscuro, del valore delle azioni devote prescritte dalla religione che Eloisa propone di individuare al di là dei gesti e persino della preghiera.
Per Eloisa il significato morale di un’azione sta dunque non nel comportamento visibile e accertabile (che è criterio di legalità sociale) ma nell’intenzione (animus) che muove chi agisce: solo l’intenzione rivela il valore essenziale dell’azione: «Nulla può inquinare l’anima se non ciò che viene dall’anima». Questa è l’idea guida delle sue riflessioni anche nelle lettere ad Abelardo, come quando afferma «Io che ho molto peccato sono completamente innocente». Il peccato sessuale (“impuro” e quindi condannato dalla legge cristiana) si dissolve di fronte alla verità dell‘amore – disinteressato e quindi “puro”- per Abelardo, che Eloisa chiama «unico padrone del mio corpo e del mio animo». Seguendo il medesimo criterio dell’interiorità come valore morale, giudica la propria vita monastica, così impeccabile agli occhi di tutti, una vita senza vero merito: «Non posso aspettami nulla da Dio per la vita che ho seguito e le sofferenze patite perché non ho compiuto nulla per Suo amore ma soltanto per obbedire a te, Abelardo, che me lo ordinavi … ».
Documenti coevi alla vicenda dei due amanti testimoniano il loro dramma, la cultura di Eloisa e la diffusa fama del suo amore infelice. Secoli dopo persino Voltaire, così difficile a commuoversi, confessava di aver pianto leggendo le appassionate parole di Eloisa; ma nel romantico Ottocento, che pure adorava la “grande amorosa”, alcuni studiosi misero in dubbio l’autenticità di un carteggio così audace, appassionato e sensuale, in contrasto (apparente) con l’immagine e i luoghi comuni sulla cultura cristiana medievale. Sospetti che continuarono da parte di alcuni storici (P. Benton e G. Duby per esempio) fino a qualche decennio fa, quando le ricerche di J.Monfrin, P. Dronke, D. Luscombe, P. Zerbi, G. Orlandi e di chi firma questa “voce”, dissiparono con argomenti diversi i dubbi sull’autenticità di quelle lettere che il grande E. Gilson giudicava «troppo belle per non essere vere».
Eloisa
Fonti, risorse bibliografiche, siti
La migliore traduzione delle lettere in italiano è: Lettere di Abelardo e Eloisa, traduzione di C. Scerbanenco, Rizzoli Bur 1996 (introduzione di Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri)
Etiènne Gilson, Eloisa e Abelardo, trad it. Einaudi 1986 (opera in francese del 1938)
Peter Dronke, Donne e cultura nel medioevo, Mondadori 1986 (trad. it dall’inglese Women writers, 1984)
Guy Lobrichon, Heloise, L’amour et le savoir, Gallimard Parigi 2005
Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Eloisa e Abelardo, Parole al posto di cose, Mondadori 1984
Mariateresa Fumagalli
Professore di Storia dellafilosofia medievale all’Università degli Studi di Milano, condirettore della Rivista di Storia della Filosofia fondata da M. Dal Pra, e delle collane Quodlibet (Lubrina, Bergamo) e di Filosofia (Franco Angeli).
Ultimi libri: Cristiani in armi (Laterza); Luoghi e voci del pensiero medievale con Riccardo Fedriga (Encyclomedia Publishers); Pico della Mirandola (Laterza); con Giulio Guidorizzi, Corpi gloriosi, eroi greci e santi cristiani, Laterza, Marzo 2012.
Sul medioevo, e sulla filosofiamedievale, vedi la bibliografia al sitohttp://www.mtfbb.com/bibliografia_generale.htm