Tra il XIX e il XX sec. fu combattuta non solo in Italia, ma in vari altri paesi del mondo la battaglia ideologica femminile per il riconoscimento dell’identità di genere e per il diritto al voto.
La vicenda di vita della napoletana Fanny Salazar o Salazaro (italianizzato) rientra in questo percorso, dato che la scrittrice e giornalista si battè per questa causa. La sua figura non appartiene alle grandi eroine che hanno lasciato di sé una grande traccia ed un imperituro ricordo: per questo rinnovarne la memoria è giusto e doveroso. La storia non è fatta solo di grandi tappe, ma anche del tessuto interstiziale di cui è intessuta la sua trama, per cui i grandi eventi sono il risultato di tante microstorie che si sono intrecciate. Nello scorcio di tempo della vita di Fanny a grandi speranze sono seguite delusioni, inquietudini, paure ed amarezze senza fine, basti pensare al disastro della prima guerra mondiale e poi alla parabola del fascismo.
Nel privato fu determinante per la scrittrice l’esperienza della separazione dal marito più anziano che aveva sposato giovanissima. Ben presto sperimentò cosa volesse dire esser guardata con sospetto e dover da sola crescere ed educare i figli nati dal suo matrimonio. Ma lei credette nella bontà della causa dell’autonomia femminile che allora si stava diffondendo e superò tutti gli ostacoli. Lo racconta nella sua prima raccolta autobiografica del 1891: Antiche lotte e speranze nuove, edita a Napoli. Uno dei suoi figli, Lorenzo Zampini, più tardi testimoniò il coraggio e le difficoltà della madre in Storia di una madre. Il contributo,per lo meno inusitato,è la dimostrazione di come la scrittrice abbia operato nel solco di un’azione educativa benefica, i cui frutti sono documentati. Il voler essere giornalista è stata una sua libera scelta perchè, a parte il fatto che appariva estremamente difficile affrontare l’opinione pubblica e talvolta contraddirla, la testimonianza della volontà di comunicare per seguire nuovi traguardi rompeva tutti i canoni della tradizione artificiosamente costruita. La Salazar si può considerare in tal senso una testimone coraggiosa del tempo. Vinse le paure iniziali e riuscì a veicolare le sue idee in tutt’Italia, da nord a sud, e anche all’estero, nella sua amata Inghilterra, la terra natale della madre, e nel Nuovo Mondo dove già s’affacciava il mito della libertà anche per le donne. Nata nel 1853, a Bruxelles, dove il padre si trovava in esilio dalla nativa Reggio Calabria, dopo i moti liberali del ’48, con tutta la famiglia si stabilì a Napoli e frequentò gli intellettuali del tempo tra cui Benedetto Croce che allora ricorda d’aver conosciuto come “un giovanetto pallido, scampato al terremoto di Casamicciola nell’isola Ischia, nel 1883, nel quale perirono i suoi genitori ed una sorella, ma già una promessa degli studi storici. L’Italia e l’Inghilterra furono le due patrie della Salazar, una reale, l’altra elettiva. A somiglianza degli ambienti inglesi che lei scoprì nei suoi numerosi viaggi, fondò dapprima a Roma un circolo letterario e scientifico internazionale con l’intenzione di divulgare l’amore per il sapere. Insieme a cinquanta socie d’un analogo circolo inglese, creò classi serali, società operaie femminili e promosse una raccolta di fondi per i più poveri. Il suo pensiero in merito alla questione dell’uguaglianza femminile fu abbastanza moderato e non assunse mai le punte polemiche che contraddistinsero le altre suffragiste dell’epoca: Febea, M.Mazzoni, Maria Montessori, Flavia Steno, G.Martini Marescotti che fu presidente del Comitato nazionale.
Fanny rivendicava l’unità delle donne in nome d’un risorgimento morale ed economico, senza mire politiche, ma in senso patriottico. Le interessava di portare il livello della vita femminile italiana all’altezza di quella inglese ed americana, allargare il campo dell’operosità muliebre, discutere delle professioni, delle arti e delle industrie a cui le donne potevano accedere. La Salazar fu invitata a partecipare a Chicago nel 1893 ad un congresso femminile internazionale ed inviò Woman in Modern Italy, una sua relazione in inglese che ebbe molto successo.
Nel 1900, fondò a Roma la rivista “Italian Rewiew” che seguiva la prima, dal titolo: “La Rassegna degli interessi femminili” (1886-1888), più attenta però questa seconda agli sviluppi della cultura europea ed alle nuove conquiste dei diritti dei popoli. Ricercata per conferenze nei Circoli culturali della penisola, scrisse un appello ai Ministri Paolo Boselli e Luigi Miceli perché incentivassero presso i giovani studenti “il modello inglese” che lei considerava esemplare. Credeva nelle nuove generazioni, dal cuore e dalla mente aperti che hanno davanti un campo vergine inesplorato nel quale far fecondare i semi del nuovo pensiero. La sua parola tendeva a convincere piuttosto che a denunziare ed attaccare. Era conforme in fondo al suo carattere quieto, non timido.
Fu docente di Lingua e Letteratura inglese all’Istituto superiore di Magistero di Roma. Ebbe così la possibilità di venire a contatto con tante vive realtà umane che l’arricchirono, come lei stessa ebbe a dire. Fu traduttrice apprezzata di lingua inglese. Presso l’editore Tocco di Napoli, con la prefazione di Antonio Fogazzaro, pubblicò La vita le opere di Robert Browning e di Elisabetta Barrett, una coppia di autori inglesi vissuti a lungo a Firenze. A questa riuscita pubblicazione seguirono altre opere tra cui la biografia, nel 1911, presso Roma: Margherita di Savoia, prima regina d’Italia.
Altre sue opere letterarie riguardano racconti dedicati a persone amiche dal titolo Tra l’ideale e il reale che attirarono l’attenzione di Matilde Serao. Il nucleo di essi è l’amore romantico, ma con una spiccata vena veristica.
Fu anche scrittrice per l’infanzia. Collaborò con l’editore Bemporad di Firenze alla Bibliotechina azzurra che pubblicava classici della narrativa vittoriana. Tra i suoi testi più riusciti si ricordano: Piccolina del 1900 e Cavalieri moderni (Voghera,Roma 1905).
La scrittrice è da considerarsi un’icona di quell’italianità che ha gioito e sofferto senza sapersi spiegare perché l’Italia, nata da una felice congiuntura, sia precipitata poi nel vortice della rovina e della disperazione. Sappiamo della donna e della madre che è riuscita a superare grandi prove grazie alla sua formazione ed alla cultura che l’hanno sorretta, ma come italiana il suo animo ne è uscito provato e se prima il suo più grande sogno era di contribuire a rendere l’Italia degna delle grandi lodi dell’antichità e più grande ancora dal confronto del presente col passato, in realtà la troviamo convinta che l’Europa e l’America stessa fossero patrie più grandi, meritevoli di polarizzare tutta l’attenzione. Forse delusa dalla drammaticità della guerra ha pensato ad una Lega, capace di superare tutte le leghe femminili della sua giovinezza,la Lega internazionale della pace tra i popoli, l’unica che potesse promuovere una cultura di rinnovamento.
Così s’è fatta messaggera di promozione umana prima all’interno dei confini nazionali e poi all’estero, credendo che valesse la pena vivere ed educare, restando legata ai valori inalienabili di giustizia e libertà.