Vissuta nella Toscana lucchese e poi granducale, Gaetana Del Rosso Cotenna è stata trascurata dagli storici: essa operò sul terreno civile ispirandosi a Mazzini e a Garibaldi. Eppure in vari luoghi, e specialmente nell’archivio di Giuseppe Dolfi, presso la Domus Mazziniana di Pisa, ha lasciato documenti significativi.
Poche notizie sappiamo della famiglia d’origine, tratte soprattutto dall’archivio del parente più famoso, il nipote scienziato Guglielmo Libri, figlio della sorella Rosa. Il padre, Lorenzo, di piccola nobiltà fiorentina, si era stabilito a Pisa: qui Gaetana vive probabilmente, con uno, forse due fratelli, oltre che con la sorella. Il tratto comune al gruppo sembra quello di un repubblicanesimo nutrito di classicismo. Questa anche la caratteristica, diventata coerenza di una vita politicamente creativa, di Gaetana. Giunse a Monte S. Quirico, presso Lucca, con il matrimonio. Il marito, vissuto dal 1772 al 1840, si schierò per Napoleone nella fase repubblicana: nel contesto divenuto monarchico fu emarginato. Il nipote Guglielmo Libri fu esule dal 1831, fallito il moto insurrezionale toscano.
Le prime azioni indipendenti della signora si verificarono con l’arrivo in Lucca nel 1843 del Congresso degli scienziati: era un complesso di happening con scambi fra le università italiane, più volte riproposta dopo il 1839. Allora la signora, fatti stampare i manoscritti del marito, li diffuse a Lucca ed in Italia. Era già approdata certo alla fede mazziniana e a un profilo di etica che in lei divenne azione politica: affermava la ineluttabilità del sacrificio, nella difesa dell’ideale e della dignità. Ma vincevano la tensione al futuro e la poesia, che è testimonianza e consolazione.
Gaetana Del Rosso si interessò dell’ordinamento pubblico, benché isolata dai concittadini. Come attesta il documento del 3 dicembre 1847, il giurista Ranieri Lamporecchi si impegnò con lei a vigilare sull’applicazione delle giustizia, nel territorio di Lucca appena annesso al Granducato. Il 28 gennaio 1848, durante la Conferenza municipale a Firenze, la donna tentò, invano, di riconciliare Giuliano Ricci e Francesco Domenico Guerrazzi: i due intellettuali democratici, già amici, risultarono antagonisti avvicinandosi il regime parlamentare. La signora si schierò allora con Guerrazzi, come letterato di stima internazionale. Nell’indirizzo a stampa 11 maggio 1848, diffuso a Livorno, proponeva Guerrazzi all’attenzione del popolo, ma nel quadro di una fraternità mondiale e della indipendenza di «tutti noi italiani». I documenti firmati dalla Del Rosso non citano Mazzini, ma la relazione è desunta dallo storico lucchese Cesare Sardi a partire da rapporti della polizia. La casa Cotenna era ritenuta uno dei rifugi del rivoluzionario nei soggiorni italiani. Il Sardi riporta anche il nome di quattordici mazziniani convenuti a Firenze, il 18 febbraio 1849, a sostegno della repubblica triunvirale a Roma: fra questi c’è Gabriele Leonardi, genero della signora. La famiglia della figlia Cleobulina abitava nella stessa casa Cotenna. Non mancavano alterchi nella convivenza, ma tutti condividevano il credo politico: i giovani parteciparono con valore alla guerra di indipendenza a fianco di Garibaldi. Ma nel settembre 1860 la vecchia signora li vide ammalarsi e morire.
Per Gaetana la via della unificazione verteva sull’aspetto culturale dell’idea di nazione: è materia ricorrente nella corrispondenza con Guerrazzi quando fu carcerato al ritorno in Toscana di Leopoldo II. Nell’epistolario del politico pubblicato nel 1880 da Giosuè Carducci restano settantatrè lettere spedite a Gaetana Cotenna dal dicembre 1847 al 1855, le cui lettere invece non possediamo. Dal punto di vista della Cotenna, l’episodio è da interpretare come nuova pratica del conforto ai carcerati, quasi un Soccorso Rosso. La Cotenna esprime la sua teoria sulla responsabilità di chi è autore di opere letterarie: la cultura non si sovrappone alla politica. La creatività è talento dispensato da Dio, ma coltivato nella “fama”, cerchia di condivisione larga, certo nutrimento della nazione, con la mediazione delle «più colte penne». Menzionano la signora anche Carlo Massei, avvocato liberale di Lucca e Antonio Mangini, livornese.
Deve risalire agli anni intorno al 1855 il contatto con Giuseppe Dolfi, politico e artigiano leader a Firenze della Società Nazionale voluta da Cavour. Nelle pagine del Sardi troviamo che del “partito dei Grondoni” o “dei matti”, come i lucchesi definivano il gruppo dei Cotenna, «nel 1859 si valse il Cavour per preparare il 27 aprile», appunto, la cacciata dei Lorena.
Dolfi e Mangini considerarono la Cotenna maestra di vita – chiamandola “Madre”-, e ne condivisero i princìpi: Dolfi rifiutò la Croce che i Savoia gli avevano offerto. Tornò al lavoro, a rivoluzione avvenuta, senza decori. Di qui il plauso della signora a nome di «ogni verace leale italiano», il 29 aprile 1860.
Prima delle morti premature dei nipoti, casa Cotenna aveva amato la vita sociale, e promosso serate d’arte dedicate alla poesia, alla musica e alla danza. La letteratura ha larga parte anche negli ultimi documenti scritti dalla signora, per esempio nella corrispondenza che instaurò con Vincenzo Salvagnoli. Lo cercò come attivissimo ministro di Ricasoli nel 1859. Lo scritto di Gaetana, il 10 febbraio 1861, è tra le ultime tracce della donna ed è prossimo alla morte del politico, accaduta il successivo 21 marzo. Il terreno comune fra i due divenne in realtà la poesia. Non si cita però Giosue Carducci, che intanto Salvagnoli aveva cercato ed onorato del titolo di “vate d’Italia”. Ci fu un contributo della signora in questa elezione? Non abbiamo prove, ma non sono da trascurare gli indizi. Una prosa poetica della Cotenna, intitolata Lucca, 27 aprile 1859, che disegna i confini desiderati per la nuova Italia, cede presto il passo: «A Giovin Cantore, caldo di santo e sublime entusiasmo il gran debutto». Come Salvagnoli, dunque, prevede un “Giovin Cantore”: dove quelle iniziali “Gio-Ca” sono anche acronimo di Giosue Carducci. Questi d’altronde più tardi, il 30 agosto 1881, stilò una intensa meditazione davanti ad un luogo speciale, che gli rimandava una voce: «i grilli cantano […] i grilli seguitano a cantare […] tutto questo […] è assai meno che innanzi al mio pensiero questi grilli cantanti». Il poeta ribatte su quelle “G-C”, iniziali del nome suo e di Gaetana Cotenna. Il luogo speciale che il poeta si segna è quello noto per la signora: Monte San Quirico presso Lucca.
Gaetana Del Rosso Cotenna
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Franca Bellucci
Nata a Empoli, nel 1947, è laureata in Lettere e in Storia ed è dottore di ricerca in Filologia. Fra le pubblicazioni di ambito storico, si ricordano il libro Donne e ceti fra romanticismo toscano e italiano, Pacini, Ospedaletto-Pisa, 2008, nonché gli articoli: Costumi familiari e donne intorno al 1848. Un contributo dalle carte d’archivio conservate da Vincenzo Salvagnoli, in «Miscellanea Storica della Valdelsa» a. CXI, n.1-3 (gennaio-dicembre 2005), pp. 43-66; Oggetti e doni in esempi di creanza ottocentesca, in «Genesis. Rivista della Società italiana delle storiche» v/1 (2006), pp. 61-78; Forza e soavità nella scrittura politica di Gaetana Del Rosso Cotenna, in «Bollettino della Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 75 (dicembre 2008), pp. 385-415. Ha anche pubblicato raccolte di poesia: Bildungsroman. Professione insegnante, Edizioni dell’Erba, Fucecchio, 2002; Sodalizi. Axion to astikon. Due opere, Edizioni dell’Erba, Fucecchio, 2007; Libertà conferma estrema, Pietrasanta, 2011.