Huda Shaarawi era figlia del primo fautore del costituzionalismo egiziano, Mohamed Sultan Pascià, che fu anche il primo Presidente del Senato sotto il Khedivé Tewfik Pascià e conosciuto come “Re dell’Alto Egitto” per il gigantesco latifondo che possedeva in quella regione.
Huda aveva perso suo padre all’età di cinque anni e trascorse l’infanzia in una casa di donne, un harem senza padrone, dove gli unici uomini erano il suo fratellino Omar e un eunuco.
All’età di tredici anni venne obbligata a sposare il suo cugino e tutore, Ali Shaarawi Pascià, per sottrarsi a un pretendente candidato dal Khedivé. Poco tempo dopo le nozze, come era da aspettarsi data la grande differenza d’età trà i due coniugi, fece ritorno per qualche tempo nella grande casa di sua madre, dove rimase sette anni a studiare, con l’aiuto di suo fratello e di un’amica francese; riuscì in questo modo ad acquisire una doppia educazione, francese ed araba. Scrisse numerose poesie nelle due lingue e studiò anche pianoforte; consapevole della propria ampia formazione affermò in diverse occasioni che la sua mente valeva «quelle di dieci uomini messi insieme».
Tornata dopo sette anni presso il marito, mise al mondo due figli nel 1903 e nel 1906. Fu gradualmente coinvolta nella lotta contro l’occupazione britannica, insieme a suo marito e a suo fratello e, siccome i soldati inglesi sparavano sugli uomini e sugli studenti durante le manifestazioni, Huda organizzò nel 1919 una marcia di donne, pur sempre velate, per le strade del Cairo, per protestare contro l’arresto e l’esilio dei quattro capi principali della resistenza egiziana.
Il coraggio delle donne egiziane fu ammirato persino dall’ambasciatore degli Stati Uniti d’America che fece fotografie della manifestazione. Questa marcia divenne la pietra miliare di una lunga successione di gesti politici clamorosi.
Le signore dell’Alleanza Internazionale per il Suffragio Femminile la invitarono a partecipare alla conferenza che si doveva tenere a Roma nel 1923, un anno dopo la morte di suo marito. Huda si recò a Roma con due sue collaboratrici e le tre donne furono subito molto apprezzate nel movimento femminista internazionale. Di ritorno al Cairo, scendendo dal treno, le tre donne si tolsero il velo e furono spontaneamente imitate da tutte le signore che erano andate loro incontro.
Huda fondò allora l’Unione Femminista Egiziana (UFE) – affiliata all’Alleanza Internazionale – insieme a una scuola, un asilo e un emporium dove le bambine imparavano la sartoria ed il ricamo.
Inoltre, dopo aver letto «Jus Suffragi», la gazzetta dell’Alleanza Internazionale, Huda decise di fondare una rivista egiziana in lingua francese, «L’Egyptienne», destinata a fungere da «messaggera di pace tra l’Oriente e l’Occidente», un vero e proprio strumento di informazioni attendibili tra le due parti del mondo.
L’UFE, fulcro delle attività femministe in Oriente, divenne la sede di numerosi interventi politici, economici, sociali e di iniziative legali e culturali. Fra queste battaglie si ricorda l’azione sostenuta per affidare la tutela dei figli alla madre in caso di divorzio, e l’aver trasformato in legge l’obbligo per le donne di non sposarsi prima dei sedici anni.
Huda riuscì inoltre a promuovere, offrendo un proprio consistente contributo e raccogliendo altri fondi, la fondazione di una banca gestita da egiziani con capitale egiziano, sotto la direzione di Talaat Harb Pascià, in passato protettore di suo fratello Omar.
Con la creazione di un Comitato Speciale di consiglieri, Huda coinvolse gli amici di suo marito e di suo fratello – professori, avvocati, scrittori, giornalisti ed altri – tutti membri eminenti del Partito Liberal-Costituzionalista, nelle attività dell’UFE. Decise poi di fare della propria magnifica dimora un punto d’incontro per i personaggi coinvolti nella scena culturale e politica globale, in un scenario degno delle Mille e una Notte che combinava nell’arredo il gusto orientale e quello occidentale. Inoltre, fece issare quotidianamente la bandiera egiziana sul terrazzo, poiché la bandiera dell’Impero Britannico sventolava sopra la caserma vicina delle forze occupanti. La casa fu allora battezzata La Maison de l’Egyptienne.
La lotta ostinata contro l’occupazione spinse Huda a rappresentare anche i paesi arabi ed africani nelle conferenze dell’Alleanza Internazionale, di cui occupò la posizione di Vice-Presidente per il resto della sua vita. Fondò allora una seconda rivista, «Al-Misria», in lingua araba e rivolta alle donne del suo paese.
Un viaggio in Medio Oriente, dove incontrò diversi capi di Stato, le fece scoprire i massacri perpetrati dai sionisti e dagli inglesi contro la popolazione araba, cristiana e musulmana della Palestina. Grande fu la sua delusione, perché aveva in passato seguito con ammirazione il progresso dei kibbutz. Negli anni Quaranta, alle conferenze dell’Alleanza Internazionale, Huda prestò sistematicamente il suo bel viso e la sua calda voce in rappresentanza e in difesa del popolo palestinese e appoggiò la creazione della Lega dei Paesi Arabi, creando nel contempo un’organizzazione delle donne arabe e una rivista, «Al-Arabia».
La promozione di una politica basata sulla giustizia e la trasparenza divenne sempre di più la sua ragione di vita e l’annuncio della divisione della Palestina all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite segnò la fine della sua speranza in una pace universale, insieme alla fine della sua vita. Le fu fatale l’idea che la Pace Universale, alla quale teneva tanto, fosse incrinata per sempre a causa di un conflitto insolubile proprio in Terra Santa. Huda fu vittima di un infarto dovuto all’angina pectoris di cui soffriva da diversi anni, nel mese di Dicembre del 1947.
Huda Shaarawi
Il Cairo 1879 - 1947
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Sania Sharawi Lanfranchi
Nipote di Huda Shaarawi, Sania Sharawi ha pubblicato presso una casa editrice inglese una biografia a lei dedicata (Casting Off the Vei. The Life of Huda Shaarawi,Egypt's First Feminist, Londra, IB Tauris, dicembre 2011).
Ha tradotto racconti di Naguib Mahfouz e di Yussif Idriss dall’arabo all’inglese, e dall’italiano all’inglese un saggio di Mauro Mancia, In the Gaze of Narcissus.