È senza dubbio una delle figure più significative e rivoluzionarie dell’architettura del Novecento. La sua opera concentra un crescente interesse, anche in Italia, paese che poco conosce e valorizza l’opera svolta dalle donne nell’architettura, e generalmente nel mondo del progetto.
Dopo la laurea in architettura conseguita a Roma nel 1939, si trasferisce a Milano dove inizia la sua collaborazione professionale con Carlo Pagani e con lo studio di Giò Ponti. Contemporaneamente inizia un’intensa attività editoriale. Tra i periodici con i quali collabora si ricordano: «Tempo», «Stile», «Grazia», «L’Illustrazione Italiana». Nel 1944 con Carlo Pagani è vicedirettore della rivista «Domus». L’anno successivo i due fondano e dirigono «Quaderni di Domus» e, con il sostegno di Bruno Zevi, creano la rivista «A-Cultura delle vita» per diffondere anche fra un pubblico più vasto un modo di abitare “razionale”.
Partecipa alla resistenza ed è tra i fondatori nel 1945 del Movimento Studi Architettura (MSA). Nel 1946, insieme con il marito Pietro Maria Bardi, invitato a dirigere il Museo d’Arte di San Paolo, si trasferisce in Brasile, luogo che sceglie come propria terra – diventerà infatti cittadina brasiliana. Bo Bardi è convinta che la funzione dell’architetto debba prima di tutto essere quella di conoscere il sistema di vita della gente nelle proprie case e, quindi, di risolvere attraverso la tecnologia le difficoltà che complicano la vita di migliaia di persone.
«Per un architetto, la cosa più importante – scrive infatti – non è costruire bene, ma sapere come vive la maggior parte della gente. L’architetto è un maestro di vita, nel senso modesto di impadronirsi del modo di cucinare i fagioli, di come fare il fornello, di essere obbligato a vedere come funziona il gabinetto, come fare il bagno. Ha il sogno poetico, che è bello, di un’architettura che dia un senso di libertà».
Architettura, design, scenografia, museografia, cinema, attività editoriale e didattica, sono i settori in cui opera. Bo Bardi è un personaggio difficile da collocare per la quantità di temi che affronta e soprattutto per l’intensità del suo stile di lavoro. Progettista dallo spirito combattivo e irrequieto, è costantemente animata da un impeto di sperimentazione nel quale impegno politico e sociale ed attività professionale sono inscindibili. Il suo ruolo nello sviluppo della cultura brasiliana è fondamentale.
Nel 1950 fonda e dirige con il marito la rivista «Habitat» e l’anno successivo costruisce a San Paolo la sua prima opera: la Casa de Vidro, sua residenza ed ora sede della fondazione a lei dedicata. Fonda e progetta diversi musei, fra i quali il Masp, Museo d’Arte di San Paolo (1957-68), il più importante museo dell’America Latina che si affaccia sull’Avenida Paulista. La sua azione è sempre indirizzata a favore della creazione di una cultura brasiliana autentica, in grado di valorizzare le proprie radici. A tale proposito si possono ricordare anche i suoi studi sull’artigianato, nonché le esposizioni e la creazione del museo di Arte Popolare di Bahia (1959-63), e più tardi della Casa del Benin a Bahia (1987). Meno nota è la sua consistente attività nel campo del restauro, attività che offre un’interessante chiave di lettura complessiva della sua opera dove il tema della “memoria” si affianca a quello del “moderno”, dove il “passato” è sostituito dalla categoria del “presente storico”.
Si dedica interamente al lavoro (non avrà figli) e predilige il progetto di edifici pubblici, tra i molti va ricordato il progetto di recupero della fabbrica della Pompéia a San Paolo (1977-1986) trasformata in un centro sociale: la “SESC- Fabbrica da Pompéia” è un luogo ancora oggi molto frequentato e apprezzato per le numerose attività sociali, culturali e sportive che vi si svolgono nonché un’opera di straordinaria forza espressiva in cui architettura povera e evento diventano ingredienti di un métissage cosmopolita.
Tra il 1986 e il 1989 si stabilisce a Salvador de Bahia dove viene incaricata di redigere il piano di recupero del centro storico. Nel 1990 inizia il progetto per la nuova sede del Municipio di San Paolo che terminerà due anni dopo. Nel 1991, un anno prima della sua morte, partecipa alla selezione indetta per la progettazione del padiglione del Brasile per l’Esposizione Universale di Siviglia del 1992 con il progetto la “Grande Cassa”. Si tratta di un solido puro sollevato da terra, completamente chiuso, con aria condizionata e illuminazione artificiale, attrezzato per esposizioni e convivialità, con bar, auditorium, teatro e show multimediali. Una cassa-monumento completamente rivestita di marmo bianco Neve Brasil significativamente intitolata: «Memoriale per l’Uomo del Sempre Nuovo Mondo».
Lina Bo Bardi
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Carvalho Ferraz Marcelo (a cura di), Lina Bo Bardi, Milano, Charta 1994
Laura Miotto e Savina Nicolini, Lina Bo Bardi. Aprirsi all’accadimento, Torino, Testo&Immagine, 1998
Laura Miotto e Savini Nicolini, Lina Bo Bardi (1914-1992), in G. Bassanini e R. Gotti (a cura di), Le architettrici, «Parametro», rivista internazionale di architettura e urbanistica, numero monografico 257 maggio-giugno 2005 pp. 48-51
Antonella Gallo (a cura di), Lina Bo Bardi architetto, Venezia, Marsilio 2004
Gisella Bassanini
È architetta e dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura e dell’Ambiente. Insegna Metodi partecipati della progettazione architettonica al Politecnico di Milano, sede di Piacenza. Nella sua attività di progettista e di ricercatrice per conto di istituzioni pubbliche e private osserva e interpreta la città e le sue trasformazioni privilegiando un approccio partecipativo e un’ottica spaziotemporale e di genere. Esperta di storia dell’abitare femminile da più di venti anni è impegnata nella valorizzazione del contributo delle donne all’architettura e alla pianificazione urbana e territoriale. Tra le sue pubblicazioni: Tracce silenziose dell’abitare. La donna e la casa, FrancoAngeli, 1990 e Per amore della città. Donne, partecipazione, progetto, FrancoAngeli, 2008. Vive a Milano con sua figlia Matilde.