La storia di Lina Cavalieri si potrebbe raccontare come una favola o ancor meglio un melodramma, a partire da quel motto “la donna più bella del mondo” che venne associato alla sua persona. Anche i suoi natali si confondono nei testi, tra Onana (Viterbo) e Roma, nel Rione Trastevere, in via del Mattonato 17 il 24 dicembre 1875; secondo la stessa fonte[1] sarebbe stata battezzata il 26 dicembre in Santa Maria in Trastevere col nome di Natalina. La famiglia, non florida economicamente, si era trasferita a Roma.
A tredici anni Lina comincia a lavorare prima come sarta, poi vende violette e infine lavora in una tipografia impaginando copie del giornale «La Tribuna». Quando può assiste agli spettacoli del Baraccone delle Meraviglie di piazza Guglielmo Pepe, imitando le sciantose. Lina canta, con passione. Un vicino di casa, maestro di musica, ascoltando le sue canzoni si propone ai genitori per darle lezioni di musica e ottiene per lei una scrittura in un teatrino di Piazza Navona. Questo incontro però sarà decisivo per la sua vita privata.
Ha 14 anni, e ricorderà, in Le mie verità, le sue memorie scritte nel 1936, come sua madre la scortasse ogni giorno al Cafè aspettando la sua esibizione per poi tornare a casa dopo mezzanotte in Via Napoleone III per le buie strade romane. Arrivano altri ingaggi per piccoli spettacoli, dal Caffè Torre Belisario al Caffè concerto di piazza Esedra al Grande Orfeo di piazza Navona, fino alla scrittura al Caffè concerto Diocleziano in piazza Termini e al Salone Margherita. Lina inizia la sua ascesa al successo divenendo una delle più note chanteuse di Roma, e da lì approda a Napoli, allora forse il regno dei caffé chantants e la culla delle canzoni popolari oggetto del suo repertorio.
È l’occasione che la tramuta in una diva: il suo fascino, la sua bellezza e il suo canto seducente spingono la sua fama oltre i confini italiani: a Parigi per le Folies-Bergères, a Londra per l’Empire, a Vienna per l’English Garden. Si racconta anche di un duello femminile, che si svolge a Roma tra lei ed una nota attrice di teatro, dove ella, a braccia nude e stivaletti, combatte con onore, dimostrando di saper usare la spada, tanto da ferire, in modo non grave, l’avversaria. Siamo in piena Bella Epoque, e Parigi ospita cantanti e ballerine come in una gara di talento e bellezza. Lina scriverà nelle sue memorie dei sentimenti di timidezza e pudore che conserva nel suo animo, affermando come la sua bellezza e la crescente reputazione le siano state di aiuto in determinate circostanze, ma di ostacolo in altre.
Ma a Lina questo successo non basta e studia duramente, per concretizzare il suo sogno che è quello di divenire una cantante lirica. Il primo debutto è a Lisbona con i Pagliacci di Leoncavallo: un fallimento. Ella riparte nuovamente da Napoli al San Carlo nella Bohème di Puccini, per arrivare poi a Londra, a Roma, a Parigi fino a New York, dove diventa la stella del teatro d’opera Metropolitan (USA), all’epoca il più importante al mondo per la qualità degli spettacoli e soprattutto per le paghe agli artisti. Lina giunge in America preceduta da una fama di astrale e fatalissima bellezza in possesso di una voce di inusuale fascino ed è accanto al celebre Caruso con il quale è protagonista di un episodio memorabile; in una scena della Fedora di Giordano non è un semplice abbraccio ma un lungo bacio appassionato che i cantanti si scambiano, nell’intensità dell’interpretazione, sotto lo sguardo attonito del pubblico: da qui l’appellativo “The kissing primadonna”.
Puccini, Leoncavallo, Giordano, Massenet rimanevano perplessi nell’affidarle i loro personaggi anche se in seguito dovevano riconoscere che l’impatto sul pubblico del suo carattere e della sua presenza era fortissimo, per quella atmosfera di raffinata sensualità che Lina portava sul palcoscenico. La sua bellezza e le doti artistiche fecero di lei una diva a tutti gli effetti, una delle donne più sognate del suo tempo avvolgendola in leggenda e mistero, che lei stessa contribuiva a far circolare per incrementare la propria fama.
La bellezza di Lina è la cornice prevalente di una grande capacità di costruirsi come personaggio e come artista, di offrirsi nel canto e nella recitazione senza risparmi, di mettersi alla prova in forme di espressioni diverse. La sua fama, e alcuni matrimoni fiabeschi, le aprono la frequentazione delle élite internazionale. Il suo salotto è rinomato, e principi e uomini potenti le rendono omaggio, leggende e realtà si intrecciano a lungo, su amanti veri o presunti che la corteggiano in tutto il mondo. D’ Annunzio – che la definì «massima testimonianza di Venere in terra» – nella dedica di una copia del romanzo Il Piacere, scrisse «A Lina Cavalieri, che ha saputo comporre con arte, una insolita armonia tra la bellezza del suo corpo e la passione del suo canto. Un poeta riconoscente. Firmato Gabriele D’Annunzio».
Trilussa scrive di lei: «Fior d’orchidea,/ il bacio dato sulla bocca tua/ lo paragono al bacio d’una dea». Il pubblico adora le sue performances sensuali in anni di rigido puritanesimo operistico e anche le donne ne ammirano il talento, l’eleganza e gli straordinari abiti di scena che ama indossare durante le sontuose rappresentazioni.
La sua vita più intima invece è tenuta sotto chiave. Ella ha avuto un figlio in giovanissima età, probabilmente sedotta proprio dal suo maestro di canto, al quale molti anni dopo “liquiderà” dei soldi, saldando un non debito simbolico, gli stessi che lui diede alla famiglia in segno di “risarcimento”: 1750 lire… E al ritorno del figlio dal fronte, lo accudirà amorevolmente, benché la relazione fra madre e figlio sarà segnata da tensioni dovute proprio alla volontà di Lina di rimuovere l’identità del padre dalla loro storia.
Anche il cinema entra per un breve periodo nella sua vita. Nell’estate del 1920 dopo l’addio alla lirica e alla carriera cinematografica aprirà un Istituto di bellezza a Parigi per rimanere in contatto con le migliaia di ammiratrici che le scrivono dalle più remote parti della terra, fino a quando ancora all’apice del successo e della bellezza decide di ritirarsi da ogni attività senza clamore; decidendo di vivere in solitudine il resto della vita con il suo impresario, con il quale passò gli ultimi anni tra la villa a Rieti e quella di Fiesole, affidando la gestione dei suoi beni al figlio Alessandro.
Il 6 marzo 1944, durante un attacco aereo su Firenze, una bomba distrugge la sua villa, seppellendola sotto le macerie «Lenta e dura la voce della radio ha introdotto un brivido di orrore nelle tante case borghesi dove Lina Cavalieri era divenuta un mito… milioni di persone hanno sospirato, riconoscendo nella fine di una leggenda un congedo della propria stessa giovinezza».
NOTE
1. Di Tizio cita registro degli atti di nascita dell’anno 1875 di Roma.
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