Maria Antonietta Torriani

detta Marchesa Colombi

Novara 1840 - Milano 1920
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Maria Antonietta Torriani, vissuta tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, è stata una delle giornaliste e delle scrittrici italiane più moderne, ironiche e anticonformiste del panorama letterario italiano.
Si firmava con il nome d’arte di Marchesa Colombi, personaggio comico della commedia La satira e Parini di Paolo Ferrari.
La sua epoca la considerò soprattutto come un’autrice rivolta al pubblico femminile per la sua costante attenzione al mondo delle donne, per i suoi toni sentimentali e per la minuziosa descrizione degli ambienti familiari e domestici, ma già la Ginzburg e Calvino riconobbero in lei una asciuttezza di visione e una libertà espressiva raramente presenti in Italia, che ben si esprimono nel titolo del romanzo La voce delle cose (1899).
Maria Antonietta Torriani nasce il 1 gennaio del 1840 da Luigi, orologiaio, e Carolina Imperatori, maestra elementare. Ha una sorella più grande, Giuseppina, nata nel 1837. Dopo la morte prematura del padre le due sorelle vengono mandate in collegio. Ritorneranno in famiglia, nel 1847, quando la madre per necessità si risposerà con un vicino di casa, il maturo chimico Martino Moschini, fatto che peserà molto sulla vita della Torriani. Dal secondo marito Carolina Imperatori avrà un altro figlio: Tommaso, che le due sorelle soprannomineranno il “vecchino”.
Maria Antonietta compie i suoi primi studi a Novara alle scuole Cannobbiane e al Civico Istituto Bellini d’Arti e mestieri. A poco più di vent’anni, considerata dai suoi stessi familiari una zitella scriteriata e testarda, preferisce ritirarsi in convento che rassegnarsi a un matrimonio di convenienza. Viene spedita nel monastero di clausura benedettino Mater Ecclesiae, a Miasino sul lago d’ Orta, ma fin da subito soffre la stretta disciplina rigida e soffocante. Intanto studiava e scriveva.
Alla morte del patrigno (1865) la Torriani può disporre di una piccola eredità. Lascia il convento e dopo aver conseguito il diploma di istitutrice e insegnato nelle scuole elementari della bassa novarese decide di abbandonare la triste e pigra provincia piemontese, di non rimanere in famiglia ad allevare, dopo la morte della madre, il fratellastro, come era toccato a Denza la protagonista di Un matrimonio in famiglia (1885), il più noto e apprezzato fra i suoi romanzi. Nel 1868 la Torriani si trasferisce a Milano dove mette a frutto la sua brillante intelligenza iniziando la carriera di scrittrice e giornalista, ed esordiendo nel 1869 sulla rivista «il Passatempo». In questi anni si consolida la sua attenzione per l’emancipazione e l’analisi del lavoro femminile. Determinante l’incontro e l’amicizia con Anna Maria Mozzoni, protagonista delle battaglie di questi anni. Entrambe intrepide e indipendenti parlano e agiscono con la stessa libertà; tengono conferenze e discorsi d’arte, di letteratura e d’educazione. Insieme danno l’avvio al Liceo Gaetana Agnesi, convinte che una nuova educazione femminile fosse la strada maestra per consentire alle donne la “liberazione”, e l’università, e allargare l’orizzonte di una formazione esclusivamente atta a sfornare madri, mogli e padrone di casa. Queste teorie si esprimeranno nel saggio, Della letteratura nell’educazione femminile, edito nel 1871, nel quale approfondisce la questione della lettura e della cultura come elementi di un percorso di formazione femminile.
Già molto avvezza a scrivere di costume e società, nel 1877 pubblicò con Il giornale delle donne un testo di grande successo che ebbe nel giro di una decina d’anni almeno venti ristampe, un piccolo innovativo galateo, La gente per bene: leggi di convenienza sociale (1877), antiretorico ritratto sociale nel quale il rispetto per la persona fa da principio guida di una società e di una nazione nascente, in cerca di un modello progressista di convivenza civile.
In qualità di giornalista la Torriani collaborò alla rivista «La donna», diretta da Gualberta Alaide Beccari, unico caso, in quegli anni, di una redazione composta di sole donne. L’attività letteraria della Torriani è ampia e diversificata: collaborazioni, traduzioni, racconti, libretti per melodrammi e romanzi, anche per l’infanzia rivelano una predilezione per le tematiche veriste rivolte in particolare alla condizione femminile, come nel suo romanzo In risaia, del 1878, nel quale si analizza e denuncia la precarietà del lavoro delle mondine.
Nei suoi libri, più di 40 pubblicati, i ritratti di donne di provincia o di città, delle più svariate condizioni sociali: mondine, serve, signore della media e alta borghesia, rivelano la modernità dell’autrice dal carattere estroverso e intraprendente, forte e disinvolto.
Acclamata e corteggiata frequentò i salotti riformisti e i circoli intellettuali dell’avanguardia dell’epoca. Ebbe alcune relazioni sentimentali con personaggi legati alla letteratura fra i quali Enrico Panzacchi e Giosuè Carducci che le dedicò Autunno romantico in Rime nuove.
La relazione con il Carducci finì quando la Torriani gli presentò la sua amica poetessa Carolina Cristofori Piva, la quale a furia di scrivergli lettere e poesie lo aveva sedotto al punto di diventare la Lidia delle Odi Barbare e la sua musa.
Gelosa della propria indipendenza la Torriani si sposò a 35 anni – età consolidata, per i suoi tempi, allo stato di zitella – con Eugenio Torelli Vallier, giornalista con il quale collaborava da diversi anni e che l’aveva accolta alla stazione, al suo arrivo a Milano. Le nozze furono celebrate il 30 ottobre, pochi amici, la sposa era vestita di rosa.
Assieme al marito nel 1876 fonderà il «Corriere della Sera» diventandone la prima firma femminile. Sulla testata milanese firmò la rubrica Lettera aperta alle signore. Seguì un’altra rubrica di costume e società Colore del tempo sul settimanale femminile «Vita intima». Il sodalizio sentimentale e professionale tra i due finì a causa del suicidio di Eva, la giovane figlia della sorella Giuseppina, che avevano praticamente adottato. Le attenzioni di Torelli Voiller per Eva suscitarono ben presto la gelosia della Torriani, che la sentiva come una rivale. Le punzecchiature fra le due erano continue, finché una sera, la ragazza, umiliata dalla zia in casa di amici, colta da un raptus, si gettò dalla finestra, uccidendosi. Da quel momento marito e moglie si tormentarono con accuse reciproche fino ad arrivare, pochi mesi dopo la tragedia, alla separazione.
Verso il 1900 Maria Antonietta si trasferì a Torino (Cumiana), defilandosi così dalla scena letteraria e mondana. Sempre attiva nell’impegno sociale fonderà l’Ufficio di indicazione e di accoglienza per le persone bisognose e durante la prima guerra mondiale, aprirà un altro ufficio per fornire i soldati di calze, maglie e scalda-ranci. Morì a Milano il 24 marzo del 1920. È sepolta a Cumiana.
Dal punto di vista della critica letteraria già sotto il fascismo venne completamente dimenticata, sottovalutata e fraintesa. La sua rivalutazione critica la si deve, come detto, a Italo Calvino e a Natalia Ginzburg, che hanno più compiutamente indagato e apprezzato la sua figura, il suo ruolo nella storia della letteratura italiana e il suo stile innovativo, asciutto e ironico, ripubblicandone nella collana «centopagine» il romanzo Un matrimonio in provincia e scrivendo di lei: «Rileggendolo […] scopersi che quando avevo pensato a scrivere dei romanzi li avevo assai sovente situati in una luce invernale e avevo sperato di dare a luoghi e persone i medesimi tratti amari e allegri che essi avevano qui. Ma non me n’ero accorta, custodivo sempre questo romanzo nella memoria».

Fonti, risorse bibliografiche, siti

La marchesa Colombi: una scrittrice e il suo tempo, a cura di Silvia Benatti e
Roberto Cicala, Interlinea, 2001

Su internet l'elenco delle sue opere

La voce di Sonia Riosa e disponibilità di alcune opere della Torriani sul sito Liber Liber

Maria Elena Dalla Gassa

Laureata in Storia Contemporanea presso l’università Ca’ Foscari di Venezia con una tesi dal titolo Un paese al femminile. Storia di donne nel Veneto bianco, ha conseguito un master in Biblioteconomia e Archivistica all’Università degli Studi di Verona. È membro della Società italiana delle Storiche.

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