«Essere contrarie al divorzio, per massima, è come se si dicesse che si è contrarie all’amputazione chirurgica. Lo so anch’io che non può piacere a nessuno […].»
(Jolanda, Eva regina, Perella, Milano 1923, p. 91)
Di Jolanda, soprannominata da Antonia Arslan “l’appartata marchesa-scrittrice” (Dame, galline e regine, p. 49) si ricordano spesso la profonda fede cattolica – che sfocerà nel misticismo, con il volume postumo Pagine mistiche (1919) – e l’atteggiamento conservatore, seppure a una lettura attenta i suoi lavori facciano piuttosto pensare a una forma di femminismo sui generis non scevro da posizioni moderne – si pensi alla pagina sopra citata in difesa del divorzio o all’appassionata difesa delle letterate fatta in un saggio contenuto nel volumetto Dal mio verziere (Per un sasso in colombaia, 1892): «Io sono una donna che scrive! e che legge anche! e, quel che è peggio, che medita su quello che ha letto». Donne intellettuali e scrittrici furono spesso al centro della narrativa di Jolanda, dalla Maria Carletti del romanzo giovanile Le tre Marie (1894), alla Viola D’Alba di Dopo il sogno (1906) all’ultima, tragica figura di scrittrice, Perla Bianco, nel romanzo completato poco prima della morte, La perla (1916).
Nata e cresciuta a Cento, cittadina della provincia ferrarese, Maria Majocchi iniziò la carriera letteraria sulle pagine della «Cordelia» di Angelo De Gubernatis con lo pseudonimo Margheritina di Cento. Giovanissima sposò il marchese Ferdinando Plattis ed ebbe un figlio, Giovanni Battista (1885-1942). Alla prematura morte di Ferdinando (il 28 maggio 1893) seguì un periodo di gravi dissesti finanziari che culminarono col definitivo ritorno della giovane vedova nella casa paterna di Cento.
Più che un semplice rifugio, casa Majocchi era un centro di cultura locale: fin dall’infanzia infatti, le tre sorelle Majocchi (oltre a Maria, la poetessa Clementina e la pianista Gabriella) furono incoraggiate all’arte dai genitori e dall’eredità del nonno filologo Gaetano che nella casa di famiglia aveva lasciato la preziosissima biblioteca, ora dispersa. Il padre di Jolanda fu un personaggio noto negli ambienti centesi e fu sindaco della città. Jolanda celebrò la casa e la famiglia nel romanzo La maggiorana (1903) che vede protagoniste tre sorelle (di nome Gennari, come la via in cui è situata la dimora Majocchi) alle prese con l’età che avanza e con uno scapestrato nipote.
Tutta la produzione della fecondissima Jolanda (il cui pseudonimo era stato ispirato dall’opera di Giuseppe Giacosa Una partita a scacchi) si può inquadrare nell’ambito della sua assidua collaborazione alla rivista «Cordelia», di cui l’autrice assunse la direzione nel 1911, alla morte di Ida Baccini. Una carriera brillante nel campo della narrativa e della saggistica che le valse la fama, seppure oggi la scrittrice sia ricordata solo negli ambienti degli “addetti ai lavori”, e che la vide autrice di punta nel catalogo del suo editore di fiducia, Licinio Cappelli, anche dopo la sua morte: «nel 1929 era presente nella collana con ventitrè titoli su un numero complessivo di ottanta, con una media di cinque o sei edizioni a titolo e punte eccezionali di undici per Le tre Marie e otto di Suor Immacolata» (S. Favero, Un’impresa editoriale: la storia della casa editrice Cappelli in un recente passato, in Editoria e Università a Bologna tra Ottocento e Novecento, Comune di Bologna, 1991, p. 66). Al Cappelli Jolanda fece omaggio in un altro romanzo, Alle soglie d’eternità (1902), dipingendolo come un gioviale editore di campagna, dal nome curioso, Icilio Calzoni, detto «’editore delle signore’ perché aveva pubblicato tanti libri di donne» (Alle soglie d’eternità, p. 157).
Jolanda fu meno appartata di quanto non si pensi. Sebbene non fosse una grande viaggiatrice, dalla casa avita di Cento riuscì a ispirare e affascinare generazioni di colleghi e lettori. La lettura delle lettere ad Angelo De Gubernatis, conservate nella Biblioteca Nazionale di Firenze, la rivelano critica mordace sia del Cappelli che di Ida Baccini e improbabile protagonista di un tormentato flirt col più giovane poeta Cosimo Giorgeri Contri (1870-1943), mentre quelle conservate all’Archivio Bonsanti ci mostrano una Jolanda più audace nella corrispondenza appassionata – e a tratti drammatica – con un altro dei suoi flirt segreti, Angiolo Orvieto (1869-1967): «Ad Ariele / Voi siete dell’aria io sono della terra; voi siete nella luce delle plaghe del sole, io nell’ombra delle contrade iperboree – non potremo quindi incontrarci che un momento.» (s.d.)