«Sono una donna che si sta formando
come la luna
e quando sarà piena il suo chiarore
si stenderà pacato
sulle facciate bianche delle case.
Dentro tu dormirai senza sapere
quante lacrime ho pianto.»
Piera Badoni nasce a Lecco nel 1912, terzogenita di Giuseppe Riccardo, industriale siderurgico, e di Adriana Molteni. L’infanzia è felice, vissuta, entro la geografia dell’ampio giardino e della dimora paterni, insieme al fratello Antonio e alle sorelle Laura (futura allieva di Giuseppe Antonio Borgese), Sofia (che sarà architetto e redattrice di «Domus») e Rosa. Nel 1918 muore la madre, in seguito a un attacco di influenza spagnola; il padre si risposerà con Emilia Gattini, dalla quale avrà altre sette figlie.
Terminato il liceo non si iscrive all’università, ma intraprende un personale percorso formativo fatto di importanti letture: tra i suoi autori, Mann, Gide, Quasimodo, Montale, Luzi, Sereni, Antonia Pozzi. Al 1933 risale il soggiorno di nove mesi a Francoforte, dove perfeziona la lingua tedesca; tornata a Lecco, entra, come impiegata, nell’azienda paterna, presso la quale lavorerà per tutta la vita. Alcuni lutti, tra la fine degli anni Trenta e gli anni Quaranta, come la scomparsa del marito della sorella Sofia, l’architetto e scultore Giuseppe Mazzoleni, morto in seguito a un incidente accaduto durante il viaggio di nozze, e del fratello, disperso in guerra nel canale di Sicilia, incidono solchi profondi nella routine familiare avvertibili anche nella poesia di Piera. Durante alcuni soggiorni a Firenze conosce Antonio Delfini, Eugenio Montale, Alessandro Parronchi, Carlo Bo; a Milano frequenta, insieme alla sorella Sofia, Camilla Cederna, Emilio Radius, Giancarlo Vigorelli, Vittorio Sereni. Con molti di essi intrattiene, insieme alla sorella Sofia, legami di amicizia favoriti da costanti scambi epistolari e incontri, a Milano, Firenze (città-cardine della geografia poetica di Piera), Forte dei Marmi e Lecco. Camilla Cederna ricorda i vasetti di marmellata che Piera le affidava affinché li portasse in dono a Montale, a Firenze.
Le prime liriche risalgono alla prolungata permanenza a Bologna del 1938, insieme alla sorella Sofia, durante il ricovero di Giuseppe Mazzoleni presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli; la prima e unica raccolta organica compare dieci anni dopo, in edizione privata, presso la Tipografia Sormani di Milano, con il titolo Felicità, che pure esisti. Sarà Luciano Anceschi a citare, nell’articolo del 1951 pubblicato su «aut aut», Poesia «in re», poesia «ante rem», versi di Piera Badoni, accostandola ad Antonia Pozzi, pur non includendo, l’anno successivo, né l’una né l’altra nell’antologia Linea lombarda – omissione che sarà notata da Pier Paolo Pasolini.
In seguito alla pubblicazione del volume Piera Badoni continua a dedicarsi privatamente alla poesia e a intrattenere contatti epistolari. Nel 1968 pubblica un corpus di dieci poesie su una rivista lecchese, «Terzo ponte», tra le quali una dedicata alla memoria del fratello disperso. A partire dagli anni Sessanta la vocazione di Piera alla scrittura come esercizio di memoria lentamente si dirada, pur non venendo mai meno né estinguendosi.
Muore a Lecco, colta da malore sulla soglia della casa paterna nella quale ha sempre vissuto, la sera del 27 ottobre 1989. Aveva scritto, nel proprio diario, poco prima, «oggi tutto è andato bene».
«[A]desso lascia che ti dica quanto m’incantino i versi di P[iera]. e sopra tutto: || noi non sappiamo se sia | segno d’un vortice appena nato | o d’una tempesta oltre il mare. || È come se uno di noi due avesse parlato del sorriso di B., come se io avessi voluto spiegare il limpido e funesto dell’ultima poesia di Frontiera. Qui dentro c’è il nostro modo di guardare le cose, superando le impressioni e la facile grazia dell’incanto momentaneo. E quel sorriso è proprio un sorriso lombardo, con la sua oscura e remotissima origine. Dille – ti prego – quanto io li ammiri. E grazie a te di avermeli fatti conoscere». (Vittorio Sereni a Giancarlo Vigorelli, lettera del 6 marzo 1941, cit. in Dante Isella, Giornale di «Frontier», Archinto, Milano 1991, p. 50).