Tina Pica

Napoli 1888 - 1968
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Vittorio de Sica: «Fratello… ricordati che devi morire.»
Tina Pica: «Fratello…Vatti a coricare!»
(Pane, amore gelosia, 1954)

Concetta Pica non è stata solo una grande attrice, attiva, quasi senza interruzioni, dai 7 agli 80 anni. È stata anche capocomica, traduttrice, autrice di testi teatrali. Il grande successo però le è arrivato grazie al cinema, a 50 anni compiuti, quando la sua maschera era ormai indistinta dalla sua persona.
Quella sua voce cavernosa e metallica «che per definirla bisognerebbe inventare un suono» (Franca Valeri) risuona nella memoria di chiunque l’abbia vista, per esempio, in Pane, amore e gelosia, (1954, regia di Luigi Comencini) quando l’energica e invadente governante Caramella incalza fieramente De Sica, Maresciallo dei Carabinieri:
«…difendo l’Arma, io servo l’Arma da trent’anni, ho trent’anni di servizio e mi sento carabiniera, si, carabiniera mi sento!»
Nasce a Napoli il 17 febbraio 1888, seconda di tre figli, fra Anna e Francesco, non lontano dal teatro San Ferdinando. Proprio in quel teatro debutta a soli 7 anni in panni maschili, scelta da Federico Stella per Il cerinaio della ferrovia e partecipa anche a sacre rappresentazioni popolari fra le quali si ricordano Santa Maria Goretti e Santa Rita da Cascia.
La madre, Clementina Cozzolino, è attrice; il padre è il capocomico Giuseppe Pica il quale, con la famiglia e altri attori, forma una Compagnia che da Napoli raggiunge i paesi e le più remote frazioni. Oltre alla maschera di Don Anselmo Tartaglia la compagnia mette in scena drammoni come La figlia del condannato, La fanciulla di Pompei, Le due orfanelle: a Tina spettano spesso le parti più toccanti.
Il padre Giuseppe, ottantenne, una sera non si sente bene e Tina si offre di sostituirlo nel personaggio di Tartaglia ma lui glielo vieta («Don Tartaglia muore con me!», grida, strappando le pagine del copione). Tina recita ugualmente riscuotendo un grande successo; impersonerà anche il Principe Amleto, in una versione napoletana di Shakespeare.
Negli anni Venti forma una Compagnia stabile al Teatro Cabiria di Bagnoli recitando spettacoli per famiglie: Il ponte dei sospiri, Il fornaretto di Venezia, La fanciulla di Pompei.
Farsa, dramma, sceneggiata, rivista e anche cinematografo: nel 1916 Tina aveva esordito nel muto (Carmela la sartina di Montesanto, Ciccio, il pizzaiuolo del Carmine); nel 1934 è nel Cappello a tre punte (regia Mario Camerini, con i fratelli De Filippo) e, nel 1937 in Fermo con le mani, esordio cinematografico di Totò. Traduce in dialetto napoletano testi come San Giovanni decollato di Nino Martoglio. Gestisce a Napoli il Teatro Italia, dapprima con Agostino Salvietti e poi da sola. Recita in commedie di uno o due atti, spesso scritte da lei stessa, che precedono la proiezione del film.
Gli anni Trenta segnano, con l’ingresso nella “Compagnia Teatro Umoristico I De Filippo”, l’inizio della sua collaborazione artistica con Eduardo, il quale inventa personaggi per lei e le affida ruoli di rilievo. Il debutto di Natale in Casa Cupiello la vede nei panni di Concetta (forse pensata su di lei), la moglie di Lucariello, non meno protagonista di Eduardo. Negli anni 1931-1937 tra le altre commedie interpreta: Uomo e galantuomo e Liolà. Proprio durante le prove di Liolà davanti all’autore Luigi Pirandello, Eduardo e Peppino De Filippo, esasperata dai loro continui suggerimenti, Tina sbotta: «Voi tre là mi sembrate il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ma io non posso lavorare in presenza della Santissima Trinità».
Con Eduardo è tutto un prendersi e lasciarsi; dopo un primo addio, rientra nel marzo del 1945 nella nuova Compagnia “Il Teatro di Eduardo” e vi resta fino al 1947 recitando in capolavori come Napoli milionaria, Filomena Marturano, Questi fantasmi. Poi una lunga assenza, ma, nel 1954, Tina è di nuovo al suo fianco, al Teatro San Ferdinando di Napoli per Palommella zompa e Vola (Antonio Petito), Miseria e Nobiltà (Edoardo Scarpetta), fino al burrascoso e definitivo addio nella primavera del 1955. Tina aveva ottenuto da Eduardo una “breve vacanza” per interpretare Pane, Amore e Fantasia ma la lavorazione del film si protrae per parecchio tempo. Al suo ritorno, Eduardo la accoglie con un freddo «Mo nun me sierve. Ti chiamerò io quando avrò bisogno»,
Tina ribatte:«Al piacere di non rivederla!».
Questo scambio di amare battute segna la fine del loro sodalizio artistico e determina la scelta esclusiva di Tina per il cinema, grazie alla quale oggi possiamo conoscerla e apprezzarla.
L’espressione stupita e attonita e la sola sua presenza in scena suscitano ilarità; con quella grazia semplice e seria che hanno i figli d’arte e i grandi attori, filtra i ruoli, le parole che le prestano gli autori e le riscrive con il suo inimitabile corpo scenico.
Tina ha avuto due grandi passioni: il fumo e il gioco. Giocava a poker con accanimento, ma amava, oltre alle carte, il lotto, le lotterie, la roulette. Si racconta che in seguito al successo di Filomena Marturano, il 13 luglio 1947, la Compagnia venne ricevuta in udienza privata dal Papa. Tina sussurra all’orecchio di Eduardo: «Direttò, questa sarebbe una buona occasione per chiedere al Papa tre numeri buoni da giocare al lotto». Non era irriverenza, ma un suo modo, molto personale, di esercitare la propria fede che andava di pari passo con la superstizione. Pretende, nella casa del nipote dove si trasferirà in seguito alla morte del secondo marito (1967), l’allestimento di una piccola cappella, ricavata da un ripostiglio, che riempie di santini. Recitava le sue orazioni in un latino napoletanizzato, lo stesso che Eduardo le concede in Napoli Milionaria; a chi le chiese: «Recitate una preghiera per ogni Santo?» lei rispose. «Oh no, sono troppi, faccio un forfait».
L’orgogliosa e attempata “signorina” si sposò due volte. Il primo matrimonio è segnato da due terribili lutti. Luigi, orefice, viene a mancare dopo sei mesi di matrimonio e, a soli quattro mesi dalla nascita, muore la bambina nata da questa unione. Solo dopo molti anni, Tina si risposa con Vincenzo Scarano, appuntato di Pubblica Sicurezza, suo compagno per più di quarant’anni, che condivide la passione per il teatro; insieme a lui scriverà alcune commedie come L’onorevole Pipì e Giacomino e la suocera.
La forza del suo personaggio è tale che, caso più unico che raro per un comico donna, alcuni soggetti cinematografici vengono scritti appositamente per lei come La nipote Sabella (1958), La sceriffa (1959) La zia d’America va a sciare (1958), La Pica sul Pacifico (1960).
Tina ha lavorato con i più grandi artisti: da Totò e i De Filippo a De Sica, da Mastroianni a Rascel e Fernandel. Efficacissima nel controcanto scontroso e irascibile con il romantico Vittorio De Sica o l’impacciato Peppino De Filippo, ha raggiunto una sintonia più surreale con Totò in Fermo con le mani! (1937, regia Gero Zambuto), Totò e Carolina (1953, regia Mario Monicelli) o Destinazione Piovarolo (1955, regia Domenico Paolella). Tra le altre sue interpretazioni si deve ricordare L’oro di Napoli (1954, regia di Vittorio De Sica).
La sua ultima apparizione, all’età di 79 anni, è nell’episodio Mara di Ieri, oggi e domani (1963, regia Vittorio De Sica), nei panni di una nonna dolce, energica e saggia.
A Roma le è stata intitolata una strada e a Napoli un giardino pubblico. Vorrei concludere il mio omaggio a Tina Pica con la bella dedica che Eduardo le rivolse nel 1931:
«A Tina Pica che con la sua arte ha dato vita a tante povere creature del mio sogno, creature che lasceranno ombre vive nella storia del teatro umoristico».

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Gioconda Marinelli Tina Pica, Napoli, Adriano Gallina Editore 1999

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Luigi Cesareo

Luigi Cesareo (1953) scrive raramente. Si interessa di Spagna e del mondo che ruota intorno alla Corrida e alla tauromachia, dal quale è rimasto folgorato una mattina di luglio, a Ronda. Ha scritto alcuni racconti su questi temi. Altri incontri decisivi: Totò, Achille Campanile, Eduardo, Van Morrison. Suona il basso elettrico e ha due bambini.

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